Azionario USA ed Europeo, prosegue la sfida
I listini dell’equity sono sui massimi su entrambe le sponde dell’Atlantico, ma le valutazioni e le prospettive macroeconomiche e di politica monetaria divergono e possono creare incertezze nell’asset allocation. Senza dimenticare il potenziale impatto del cambio.
Europa vs Stati Uniti. È questo uno dei leitmotiv dei mercati azionari da inizio 2025. Dopo anni di dominio dei listini a stelle e strisce, che hanno portato per molto tempo osservato e analisti a parlare di “eccezionalismo americano”, i primi mesi dell’anno hanno visto un importante recupero delle piazze europee. In parallelo si è assistito a una importante fase di volatilità per Wall Street durante la primavera, alimentata dall’incertezza sulla politica di dazi dell’amministrazione Trump. Le turbolenze di aprile sembrano però essere state rapidamente superate, con gli indici USA tornati sui massimi storici, così come la maggior parte delle piazze europee.
In vista dell’autunno, quale posizionamento possono adottare gli investitori per bilanciare l’esposizione tra le due sponde dell’Atlantico con mercati già sui record storici?
Da inizio anno, il mercato azionario americano, dopo un periodo di volatilità in corrispondenza del Liberation Day, ha continuato a segnare nuovi massimi. Anche l’equity europeo, rappresentato dall’Eurostoxx 50 da inizio 2025 è salito a doppia cifra del 12%. Tra i mercati europei che hanno meglio performato emerge l’Italia, con il FTSE MIB che ha registrato un rendimento di circa il 26% e toccando nuovi record dal 2007.
Il quadro delle performance del mercato azionario è stato però sensibilmente influenzato dall’effetto del cambio. L’euro/usd ha registrato infatti un forte rialzo dall’inizio dell’anno, movimento che riflette l’indebolimento del dollaro, fenomeno già osservato durante i mesi iniziali della prima amministrazione Trump (2016-2017).
Questo trend divergente delle valute potrebbe essere ulteriormente alimentato da dalle significative divergenze tra la politica delle due banche centrali. Da un lato la BCE sembra aver concluso il ciclo di allentamento iniziato nel giugno 2024, con otto tagli complessivi, di cui quattro nel 2025. E al momento, il mercato non prezza ulteriori interventi per settembre, a fronte di un’economia debole ma anche di un mercato del lavoro che si è mostrato sorprendentemente forte in termini di occupazioni e salari, come ha fatto notare di recente la presidente Lagarde. Una situazione che lascia più di qualche incertezza sulle prospettive di inflazione nell’area euro.
Diversa la situazione negli Stati Uniti, dove le aspettative sono per una ripresa del ciclo di riduzione dei tassi, uno scenario che potrebbe indebolire ulteriormente il dollaro, ma al contempo dare potenziale sostegno al mercato azionario.
L’effetto valutario influenza un quadro di fondamentali che restano ancora solidi su entrambe le sponde dell’Atlantico, in particolare se si guarda al 2026. La crescita degli utili rimane un driver centrale e, insieme ai dividendi e al buy back, rappresenta la principale variabile del potenziale rendimento del mercato azionario. Negli Stati Uniti, le stime degli analisti indicano un incremento degli utili di poco inferiore al 10% per il 2025, con un’accelerazione al 14% nel 2026. In Europa, il consenso prevede un +2,5% nel 2025 e circa +12% nel 2026. A livello globale, le previsioni indicano un +7% per quest’anno e +13% per il prossimo.
In questo contesto, l’orientamento resta costruttivo sul mercato azionario, sebbene con alcune cautele visti i picchi raggiunti dagli indici. Tra i potenziali catalizzatori, in particolare per i mercati europei, le valutazioni ancora a sconto e un possibile potenziale accordo fra Russia e Ucraina.
Questo non significa mettere da parte, nella propria asset allocation, il mercato azionario americani. La robusta crescita degli utili e il peso del settore tecnologico rendono strategico mantenere un’esposizione anche agli Stati Uniti.
Bilanciare l’esposizione alle diverse aree geografiche e settori con l’aiuto della gestione attiva è cruciale in una fase di mercato come questa, con valutazioni talvolta alte e prospettive divergenti tra Paesi e segmenti di mercato.