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Bilancio dell’Esposizione Universale

Tra innovazione tecnologica, design sostenibile e dialogo interculturale.

Il mondo intero guarda a Oriente e nel Paese che coltiva il culto degli antenati, ma che non teme di proiettarsi verso il futuro con grattacieli infiniti, distese sterminate di luci e cartelli animati al neon, Osaka detta la direzione, ospitando fino al 13 ottobre 2025 l’Esposizione Universale dal tema Delineare la società del futuro per le nostre vite. A distanza di 55 anni dall’Expo del 1970, ai tempi in cui l’economia del Giappone stava vivendo la sua stagione di maggiore sviluppo e il suo miracolo economico, simboleggiato da marciapiedi mobili e prototipi di telefoni cordless, pareva inarrestabile, la città più occidentale del Sol Levante si fa vetrina internazionale per offrire una visione concreta di come potrebbe evolvere la società globale nei prossimi decenni tra innovazione tecnologica, design sostenibile e dialogo interculturale.

Simbolo tangibile di quest’apertura alle altre culture è il Grand Ring, la costruzione antisismica ad anello della lunghezza di 2 km e il diametro di 700 metri progettata dal famoso architetto Sou Fujimoto, che delimita e abbraccia il perimetro dello spazio espositivo e che con i suoi tipici giunti “nucki”, una tecnica costruttiva nipponica, solitamente impiegata nei templi, si declina in luogo di accoglienza dei visitatori e piattaforma di osservazione sul grande masterplan costruito sull’isola artificiale bonificata di Yumeshima. Una scelta, quest’ultima, particolarmente significativa in termini di sostenibilità. Si tratta infatti di un’ex discarica di rifiuti industriali di 155 ettari – ma la dimensione è destinata ad aumentare –, che finora non aveva mai trovato uno scopo né una destinazione. Il suo nome significa “l’isola dei sogni” e ad oggi l’Expo rappresenta il tentativo più convincente di utilizzare la zona, poco amata dai giapponesi, incastonata tra lo skyline industriale di Osaka e le trafficate rotte di navigazione del mare interno di Seto, vicino alla foce del fiume Yodo. A dimostrazione della capacità resiliente della natura, al centro di questo lembo di terra sorge la Foresta della Tranquillità, cuore pulsante del sito dell’Expo, progettata come luogo di ristoro. Creata trapiantando alberi destinati al diradamento dal Parco Commemorativo dell'Expo '70 e da altri provenienti da parchi della prefettura di Osaka, accoglie i visitatori in un polmone verde di 1.500 alberi tra querce blu, aceri, campanule delle nevi e camelie, tutte affacciate su un pacifico stagno.

 

Design sostenibile

All’interno del Grand Ring, tra i padiglioni dei 160 Paesi partecipanti si trova una struttura composta da tre cupole, che compongono la Blue Ocean Dome: una costruzione progettata da Shigeru Ban e realizzata con tubi di carta riciclabili al 100%, bambù e plastica rinforzata con fibra di carbonio, un materiale all'avanguardia che è quattro volte più resistente dell'acciaio, ma pesante appena un quinto. Il progetto, commissionato da Zero Emissions Research and Initiatives, una rete internazionale di creativi che cerca soluzioni ai problemi globali, risponde alle più urgenti sfide ambientali, offrendo soluzioni architettoniche sostenibili, che anziché rifiutare completamente la plastica, riflettono su come commisurarne l’utilizzo, attraverso l’impiego del bambù e della fibra di carbonio, due materiali difficili da piegare alle esigenze costruttive, ma altamente resistenti, in grado di garantire l'integrità strutturale degli edifici e mostrare un perfetto connubio tra innovazione e responsabilità ambientale. Per ridurre al minimo gli sprechi, dopo i sei mesi dell'Expo, l'intero padiglione BOD dal design modulare, progettato per essere smontato e trasferito, sarà trasportato alle Maldive, dove troverà nuova vita come struttura turistica all’avanguardia.

 

Innovazione tecnologica

Curiosando nel mare magnum di invenzioni e trovate che strizzano l’occhio agli appassionati della cultura giapponese, mentre la simpatica Myaku-Myaku, una mascotte rossa e blu a cinque occhi accompagna passo a passo i visitatori, è possibile imbattersi nel nastro trasportatore di sushi più lungo al mondo, in una gigantesca riproduzione del robot Gundam – tentazione irresistibile per la patria degli anime – e in 32 sculture di Hello Kitty, abbigliate come diversi tipi di alghe per simboleggiare la versatilità della pianta che nel Giappone è alimento base di tante preparazioni. Tra le proposte tecnologiche più ardite c’è quella della Human washing machine, la lavatrice umana che, partendo dal modello presentato all’Expo del 1970, promette di lavare corpo e mente e riportare a una condizione di benessere generale. Attraverso l’impiego dell’Ai, la capsula monitora tutti i parametri vitali, dalla frequenza cardiaca allo stato mentale. Sulla base dei dati raccolti, l’algoritmo regola il flusso dell’acqua, la temperatura e le immagini sonore proiettate sullo schermo, che allietano l’esperienza di lavaggio mentre minuscole bolle a ultrasuono rimuovono lo sporco a livello microscopico. Poco distante, in un’ideale sartoria del futuro, si confezionano esoscheletri da indossare per migliorare la postura e dare vigore ai movimenti del corpo, immaginando un possibile volo umano entro il 2050. Altrove un dispositivo è in grado di stampare bistecche, ma senza macellare gli animali, partendo da cartucce caricate con cellule di manzo, maiale o pollo, potenziate con i integratori di sostanze, tarate sulle esigenze di ciascun individuo. Un’iper personalizzazione che promette elisir di lunga vita.

Dialogo interculturale

Expo non significa solo scoperte tecnologiche. In un panorama geopolitico sempre più complesso, frammentato e conflittuale, la missione primaria dell’Esposizione universale è quella di unire popoli e culture, dimostrando che una convivenza pacifica è possibile. In questo senso, “L’Arte Rigenera la Vita” è il tema del Padiglione Italia, progettato dall'architetto Mario Cucinella come una moderna interpretazione della Città Ideale del Rinascimento. Qui il teatro, i portici, la piazza e il giardino all'italiana, luoghi tipici dell'identità urbana e sociale dell'Italia, diventano punto di incontro e luogo di aggregazione nel segno della cultura e della bellezza.

C’è un po’ di Italia anche nel Padiglione Francia, realizzato a quattro mani dallo studio francese Coldefy e dall’italiano CRA-Carlo Ratti Associati. Ideato come “Theatrum Naturae”, lo spazio è un viaggio esperienziale diviso in tre atti, che approfondisce i concetti di sostenibilità e ricongiungimento con la madre terra seguendo il fil rouge dell’amore, declinato nell’amore per sé, per gli altri e per la natura. Un invito a svelare il grande teatro della vita, rappresentato da un giardino segreto, che si apre agli occhi del visitatore al termine di un percorso di ascesa e scoperta.

Promuovere dialogo interculturale e unità fra i popoli non significa però rifugiarsi in un passato ideale e tranquillizzante né in un presente atemporale, lontano dagli accadimenti della vita, negando le tensioni che stanno attraversando il mondo. Come ricorda il cartello blu e giallo sopra lo stand dell'Ucraina, che afferma che il Paese "non è in vendita". Un messaggio rivolto alla Russia, che ha scelto di non partecipare. Intanto, in uno spazio dedicato agli 80 anni delle Nazioni Unite e dei suoi dipartimenti e agenzie costituenti, tra cui l'Unrwa, nel mese di agosto i visitatori hanno potuto immergersi negli orrori della guerra, attraverso un angolo di realtà virtuale che riproduce le zone di conflitto a Gaza. Una scelta coraggiosa che per la prima volta include nel cerchio magico dell’Expo anche gli aspetti più drammatici della realtà quotidiana. Perché se l’obiettivo è delineare una società del futuro, il primo passo è prendere coscienza delle ceneri del tempo presente.

 

Categoria: Travel
Titolo: Bilancio dell’Esposizione Universale
Autore: Elena Gadeschi, giornalista