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Europa e AI

Tra colossi americani e startup cinesi, il Vecchio Continente deve scegliere se guidare l'AI o subirne le conseguenze.

“Il nostro Abbondio, non nobile, non ricco, coraggioso ancor meno, s'era dunque accorto, prima quasi di toccar gli anni della discrezione, d'essere, in quella società, come un vaso di terra cotta, costretto a viaggiar in compagnia di molti vasi di ferro”. Il celebre passaggio di Manzoni sembra sempre di più adattarsi a descrivere l'Europa nella nuova mappa strategica dell'intelligenza artificiale. Un continente schiacciato da una parte dai muscolari ChatGPT di OpenAI e Gemini di Google e dall'altra dai nuovi protagonisti veloci e leggeri come l'ormai nota DeepSeek, il modello open source emerso dal distretto tecnologico di Hangzhou, antica città commerciale della Cina trasformata negli ultimi anni dal commercio elettronico. T-Rex da una parte. Velociraptor dall'altra. E noi in mezzo a fare da prede. Ma è proprio così? Le formule facili, sebbene efficaci, non sono mai le migliori per descrivere la nascita di una nuova industria. Proprio come è banale credere che l'algoritmo del progresso possa essere rappresentato dalla diffusa sintesi "gli USA innovano, mentre la Cina copia e l'Europa regola".

Tentiamo una lettura alternativa basata su alcuni fatti cruciali. La verità è che non siamo gli Stati Uniti, turboliberisti quando si tratta di dare spazio e alimentare una nuova industria, e nemmeno la Cina, quanto meno disinvolta nell'utilizzo dei dati personali. Ma dovremmo avere il coraggio di chiederci: che tipo di società vorremmo alla fine di questa fase di crescita di una nuova tecnologia capace di dare forma e di cambiare la nicchia ecologica di cui facciamo parte anche noi? Non è solo una questione di rispetto delle regole. Se torniamo agli anni della nascita del web i fenomeni diventano più chiari: il World Wide Web è nato nel cuore dell'Europa, in Svizzera, in un luogo che non potrebbe essere più europeo di così: il CERN, il centro della fisica delle particelle nato grazie al supporto e agli investimenti di molti Paesi, tra cui l'Italia in primissima linea. Il padre del Www poi è un informatico inglese: Tim Berners-Lee. Potrebbe sembrare un esempio lontano nel tempo (l'intuizione è del 1989, il primo sito al mondo, proprio quello del CERN, è del 1991).

Ma a studiare un po' di preistoria dell'AI si scopre che il copione si è sovrascritto. Il padre dell'AI è un inglese, Alan Turing. Sebbene sia stata acquistata da Google, DeepMind, la società che per il tramite del suo fondatore

Demis Hassabis ha "vinto" il premio Nobel per la Chimica 2024, ha sede a Londra. Lo stesso vincitore del premio Nobel per la Fisica 2024, il padre delle reti neurali artificiali e del machine learning, Geoffrey Hinton, è britannico. Dunque è poi così vero che gli USA innovano e sono alla radice della nascita di queste tecnologie? O è forse vero che noi europei siamo bravi ad innovare ma molto meno a sfruttare commercialmente le innovazioni? Quanto accadde al CERN fu emblematico: vista la natura del centro di ricerca il Www venne reso accessibile a tutti, senza brevetti. Andrebbe ripetuto: senza quella scelta è legittimo pensare che il Web sarebbe stata un'altra cosa. Forse meno di successo, anche.

È vero, per non essere parziali nella ricostruzione, che per primi gli USA (che comunque anni prima avevano creato il protocollo Internet, cioè la possibilità di far dialogare le macchine, senza il quale l'ipertesto di Berners-Lee non avrebbe potuto far dialogare i documenti) si resero conto di essere di fronte a una vera e propria industria. Non fu una rivoluzione nata dal basso come si tende a pensare uniformandosi alla narrativa dominante, ma una scelta politica. Furono l'allora presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton, e il vicepresidente Al Gore a dire che andava costruita la nuova "autostrada digitale" e che per evitare che il bambino morisse in culla andava aiutato. Venne introdotta nel 1996, dunque subito agli albori del web, la Sezione 230. Famigerata. È in base a questa norma che quelli che allora si chiamavano provider e che oggi sono le varie Facebook, Google, X, YouTube, non sono responsabili di fronte alla legge per i contenuti che pubblicano. Una sorta di licenza di uccidere digitale di cui ancora oggi paghiamo le conseguenze perché quel bambino non solo è diventato adulto, ma anche too big to fail. Dunque, curvando con gentilezza dalla storia del web scritta dai vincitori, è l'Europa che regolamenta troppo o sono gli altri a non regolamentare affatto?

Categoria: Tecnologia
Titolo: Europa e AI
Autore: Massimo Sideri