Lo chef è il brand: l’alta cucina italiana diventa itinerante
I clienti cercano certezze e identità riconoscibili, anche in vacanza: è la nuova geografia del gusto, tra stelle Michelin e turismo d’élite.
Con 14 stelle Michelin nei suoi 14 ristoranti, (11 in Italia e 3 all’estero), Enrico Bartolini è un fenomeno come l’alta cucina italiana non ne ha mai avuti. Da un lato la capacità di creare menù adatti al genere di clienti che frequentano i suoi locali nelle varie località; dall’altro la capacità di formare brigate e coordinarle. Tutto questo va ovviamente oltre l’eccellenza in cucina, necessità, intuito e capacità imprenditoriale. Un intuito e una capacità imprenditoriale che ormai devono appartenere alla formazione dei cuochi, sempre più svincolati dal ristorante che li ha resi famosi e sempre più brand in sé. Gli si chiede di attirare clienti dove imprenditori alberghieri hanno fatto grandi investimenti che necessitano del surplus di ristoranti non solo di qualità, ma che forniscono uno status a chi li frequenta, proprio grazie al nome dello chef che offre la consulenza o la partnership.
Un tempo, chi andava in vacanza cercava un’esperienza di cibo locale, che si trattasse di una trattoria o di un ristorante di alta cucina. Capitava anche con l’abbigliamento. A Parigi, a New York, a Londra, in Asia chi poteva spendere cercava capi di qualità tipici dello stile locale. Ora, nelle capitali del mondo e negli aeroporti troviamo i brand, con collezioni solo parzialmente adattate al tipo di clientela che frequenta il determinato store, ma soprattutto con i pezzi forti di quel marchio, quelli richiesti ovunque. Se vuoi un determinato modello di borsa Chanel, o Hermés, vuoi proprio quello, lo stesso che tutti desiderano a Zurigo o a Shanghai. Capita così anche con l’alta ristorazione. Molti cercano quello che già conoscono o che comunque piace alle persone che ammirano o seguono sui social, e sanno con certezza che quell’esperienza, qualcosa di più complesso di un menu, li soddisferà. Non vogliono provare, cercare, fare tentativi. Vogliono trovare quello che li mette a proprio agio e che hanno già provato nella città dove risiedono, in locali dove possono riferire di essere stati a persone che hanno provato la stessa esperienza.
Ed ecco che il cliente milanese cerca durante le vacanze o i week end a Sankt Moritz, a Portofino, a Forte dei Marmi, a Courmayeur, sui laghi quello che ha già provato in città. I primi ad aver capito che il cuoco non è più un cuoco nella sua cucina ma un brand da esportazione per turisti che vogliono andare sul sicuro, sono stati i più famosi chef francesi contemporanei: Joël Robuchon (che è deceduto, ma rimane il gruppo con il suo nome), recordman mondiale di stelle Michelin, ben 32, e Alain Ducasse (21 stelle è il suo record). Questi ristoranti brandizzati offrono esperienze in cui si possono ritrovare i loro piatti signature, il loro stile di servizio e anche di arredo degli interni. Proprio ad Alain Ducasse, si è rivolto l’imprenditore Alfredo Romeo per i suoi due alberghi: il Romeo di Napoli e il lussuosissimo Romeo appena inaugurato a Roma, in via Ripetta, su progetto architettonico di Zaha Hadid. Evidentemente si punta su vacanzieri dal gusto raffinato internazionale, che cerca nel marchio Ducasse qualcosa che gli garantisca un’esperienza autentica, non nel senso di autenticità romana bensì di autenticità del brand Ducasse, che magari già conosce per averlo provato nei 33 ristoranti dello chef francese sparsi nel mondo. Ma anche la specifica clientela milanese influisce sugli spostamenti dei suoi chef o locali più amati. Ed ecco la grande richiesta di ristoranti asiatici, così frequentati dai milanesi, con la milanesissima famiglia Liu interpellata per aprire nella neve di Sankt Moritz succursali dei loro eleganti locali. Nel frattempo, Carlo Cracco conforta con i suoi menù le estati portofinesi degli habitué del lusso, che comunque possono contare anche sul DaV Mare dei fratelli Cerea, i quali, hanno giustappunto portato i loro amati menù anche a Sankt Moritz. Andrea Berton, dopo l’esperienza sul lago di Como, ormai terminata, ha portato in trasferta la sua cucina al SuperG di Courmayeur, altro luogo frequentatissimo dai milanesi, per non parlare dei suoi menù nello spettacolare ristorante H2O, dove si mangia in una teca sottomarina nell'atollo di Raa, alle Maldive.
Roberto Okabe, un precursore dei ristoranti fusion milanesi, quest’estate incontrerà all’Okabe di Baja Sardinia i suoi clienti del View live; mentre Claudio Sadler apre per la stagione estiva al Baglioni Resort della splendida Puntaldia, vicino a San Teodoro. Antonino Cannavacciuolo, anziché spostarsi per la stagione o firmare menu negli alberghi altrui, ha creato una propria catena alberghiera. Ora le stelle del gruppo Cannavacciuolo sono 8, sparse tra Sorrento, la Toscana e il Piemonte. Gli appassionati che non vogliono sentirsi gastronomicamente smarriti trovano poi altri loro capisaldi cittadini sparsi tra Santa Margherita Ligure (A’ Riccione), Marina di Pietrasanta (il Vesta), Forte dei Marmi (Peck). Per il momento, invece, Capri resiste: rimane un baluardo della cucina napoletana e della costiera, con incursioni estive di grandi chef campani. A Capri, persino i milanesi, oltre ai turisti internazionali, si affidano all’eccellenza partenopea.
Categoria: Fine Dining
Titolo: Lo chef è il brand: l’alta cucina italiana diventa itinerante
Autore: Camilla Baresani