La rivalità tra Stati Uniti e Cina: una lotta per il potere nel XXI Secolo
Una sfida globale che va oltre i dazi: tecnologia, ideologia e potere militare al centro del nuovo confronto tra le due superpotenze.
La guerra dei dazi tra Stati Uniti e Cina è solo la punta dell’iceberg di una rivalità ben più profonda. Questa competizione strategica, cruciale per il futuro delle relazioni internazionali, si estende al settore economico, tecnologico, politico e militare. Sebbene le tensioni esistano da decenni, la rapida ascesa della Cina e le sue crescenti ambizioni globali, hanno acuito la contrapposizione con Washington, che vede minacciata la propria leadership, consolidata fin dalla Seconda guerra mondiale.
Le origini del confronto risalgono alla Guerra fredda, quando gli Stati Uniti ideologicamente contrapposti alla Cina comunista, appoggiarono il governo di Taiwan. Negli anni ’70, tuttavia, vi fu un riavvicinamento tra i due paesi, culminato con la visita del presidente Nixon a Pechino nel 1972. Da allora, i rapporti economici si sono progressivamente intensificati, sfociando nel 2001 nell’ingresso della Cina nell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC).
Quel momento ha segnato un punto di svolta per l’economia cinese e per il sistema economico globale. Nel giro di due decenni, la Cina è diventata la "fabbrica del mondo", responsabile di circa un terzo della produzione manifatturiera globale. Il suo PIL si è decuplicato, raggiungendo due terzi di quello statunitense, e centinaia di milioni di cinesi sono usciti dalla povertà.
Washington sperava che l’integrazione della Cina nel sistema commerciale internazionale avrebbe finito col favorire una maggiore liberalizzazione politica. Ciò non solo non si è verificato, ma il successo economico ha cominciato a insidiare il primato degli Stati Uniti, preoccupati per la delocalizzazione industriale, la dipendenza dalle catene di fornitura cinesi e i persistenti deficit commerciali.
Tuttavia, l’interdipendenza è evidente: il modello cinese, basato sulle esportazioni, ha favorito da un lato l’afflusso di capitali verso il dollaro, e dall’altro ha portato Pechino adaccumulare enormi riserve valutarie, in gran parte in titoli americani. Questo intreccio economico e finanziario ha creato una situazione di vulnerabilità reciproca, rendendo difficile una sostanziale “disconnessione” tra le due potenze.
La competizione si è estesa al settore tecnologico e scientifico. La Cina oggi produce molti più laureati in materie STEM rispetto agli Stati Uniti e presenta il maggior numero di brevetti internazionali. Attraverso strategie come “Made in China 2025” e la “Belt and Road Initiative”, lo stato asiatico punta a dominare settori chiave del futuro: intelligenza artificiale, energie rinnovabili, telecomunicazioni. Gli USA, temendo per la propria sicurezza economica e nazionale, hanno reagito con restrizioni a colossi come Huawei e TikTok, invocando rischi per la sicurezza dei dati e il potenziale spionaggio.
Pechino ha risposto accelerando gli investimenti in tecnologie nazionali e cercando l’autosufficienza in settori critici. Il risultato è una corsa alla supremazia tecnologica che potrebbe ridisegnare le gerarchie mondiali nei prossimi decenni.
Sul piano militare, la tensione è palpabile, soprattutto nella regione dell’Indo-Pacifico. Gli Stati Uniti mantengono solide alleanze con Giappone, Corea del Sud e Australia, mentre la Cina continua a rafforzare la propria presenza militare, in particolare nel Mar Cinese Meridionale, dove rivendica aree contese. Taiwan rappresenta il nodo più delicato: Pechino la considera una provincia ribelle e non esclude l’uso della forza per la riunificazione. Washington, applicando una politica di "ambiguità strategica", continua a sostenere Taiwan senza un impegno esplicito alla sua difesa. Un’escalation nello Stretto di Taiwan potrebbe sfociare in un conflitto diretto tra le due superpotenze.
A tutto questo si aggiunge una profonda divergenza ideologica. Gli Stati Uniti promuovono democrazia e diritti umani, mentre la Cina difende un modello autoritario e illiberale coniugato con un'economia di mercato. Washington denuncia le violazioni dei diritti umani in Xinjiang e Hong Kong, mentre Pechino accusa l’America di ipocrisia e ingerenza.
Anche la governance globale è terreno di scontro. La Cina punta a riformare le istituzioni internazionali per adattarle ai propri interessi e ha ampliato la propria influenza in sedi come le Nazioni Unite, l’Organizzazione Mondiale della Sanità e la Banca Mondiale. Ha inoltre fondato nuovi organismi, come la Banca Asiatica d’Investimento per le Infrastrutture, sfidando l’ordine liberale guidato dagli Stati Uniti. La Cina sta anche moltiplicando le iniziative per estendere la sua influenza internazionale, sfruttando la politica neoisolazionista dell’amministrazione Trump.
Nonostante le tensioni, la cooperazione resta necessaria su questioni globali come il cambiamento climatico, le pandemie o la proliferazione nucleare. La sfida è trovare un equilibrio tra concorrenza e dialogo. Alcuni analisti parlano di “competizione gestita”: un modello diverso da un gioco a somma zero che preveda meccanismi di contenimento, comunicazione e confronto costruttivo, che eviti scontri diretti e promuova stabilità.
La rivalità tra Stati Uniti e Cina non è solo una questione bilaterale, ma un banco di prova per l’intero ordine mondiale che definirà gli equilibri geopolitici e geoeconomici dei prossimi decenni.
Categoria: Scenario
Titolo: La rivalità tra Stati Uniti e Cina: una lotta per il potere nel XXI Secolo
Autore: Dante Roscini