L’ID smarrita nell’era dell’IA
Un viaggio nella crisi dell’identità moderna.
In un racconto delle Cosmicomiche - non solo un libro ma anche un genere letterario che voleva rivitalizzare la fantascienza - Italo Calvino giocava con l'identità, anticipando i tempi. L'esperimento ante litteram di "La memoria del mondo" sembra trattare un dilemma molto contemporaneo che però, per paradosso, noi stessi fatichiamo a mettere a fuoco: cos'è l'identità nel momento in cui noi stessi amiamo cercare di metterla fuori fuoco come il personaggio di Woody Allen di "Harry a pezzi" del 1997? Sembra una domanda obsoleta. Superata. Eppure proprio oggi la nostra stessa identità è messa in discussione dall'accelerazione tecnologica. Prima di capire perché e come mai - e in maniera ancor più pragmatica come questo possa diventare un rischio enorme per il mondo finanziario e professionale - serve ritornare al ruolo di questa monade in filosofia: l'identità moderna come percezione del sé nasce con il noto Cogito Ergo Sum di Cartesio. Pensiamo dunque siamo, nel percorso di pensiero cartesiano, è il riconoscimento del sé, la consapevolezza di essere unici. Siamo dunque il nostro stesso pensiero, anche se nella storia della filosofia questa stessa assunzione è stata messa più volte in discussione (dimentichiamo spesso che nel Romanticismo ottocentesco - nato anche come reazione agli eccessi dell'Illuminismo che per amor di ragione aveva portato a una corsa alla ghigliottina - si arriva a dire che l'uomo quando sogna si avvicina a Dio, quando pensa sembra piuttosto un mendicante). Tutto questo, anche se ci appare superato, permea la nostra società, più di quanto vogliamo accettare. Non è un caso che i più recenti studi di psicologia aprano le porte a una memoria autobiografica, l'insieme di esperienze che facciamo e che, impresse nella nostra rete neurale, contribuiscono alla formazione della nostra percezione di chi siamo o meglio di chi ci sentiamo. Peccato che, proprio come nel racconto di Calvino, noi stessi abbiamo iniziato a inquinare questa memoria autobiografica con finti noi stessi, immagini non reali e spesso non verosimili del nostro io, dove cancelliamo, grazie al digitale, i nostri difetti o imperfezioni.
Facile fare l'esempio della distanza che si viene a creare tra le nostre identità digitali - anche fotografiche - e il nostro io reale. Ma questo è il passato. Una deformazione per certi versi sotto il nostro controllo, fino a quando non lo si perde di fronte alla tribù sociale come purtroppo accade soprattutto durante l'adolescenza. Ora l'intelligenza artificiale con il concetto di "agenti" ha accelerato a dismisura questa distanza tra io reale e io digitale fino a portarla a una dimensione sostitutiva. Dove si trova la nostra identità mentre diamo la possibilità a un agente creato con l'AI di rispondere alle nostre email per nostro conto senza nessuna azione né consapevolezza da parte nostra? Dove si troverà quando un agente potrà partecipare per conto nostro a una riunione? Siamo in un flusso già noto, che è quello che ha caratterizzato la rivoluzione industriale. Dall'automazione all'autonomia. Ma ciò che nel mondo della robotica poteva sembrare un alleggerimento dei compiti umani sembra aprire una nuova dimensione con l'AI. L'azione autonoma dei nostri agenti pone un problema di responsabilità. Chi sarà il vero Massimo Sideri per la mia banca nel momento in cui dovessi autorizzare il mio agente ad operare in Borsa a nome mio o ad eseguire delle operazioni finanziarie a mio nome? Sembra una questione di lana caprina, speculazione filosofica applicata al progresso tecnologico, ma c'è un argomento che rende questa contro-argomentazione molto debole: difatti è lo stesso Sam Altman, il founder di OpenAI e ChatGPT, che a San Francisco sta presentando una tecnologia "per essere sicuri che siete umani". Il nome, per ora, è Orb. Una sorta di contro test di Turing che userà l'iride non per capire se un computer è un umano ma al contrario per accorgersi se un umano non è un computer. Non è detto che sia questa la soluzione tecnologica, ma il fatto che a occuparsene sia lo stesso Altman significa che dietro ci sarà un nuovo business. Il business dell'identità. D'altra parte già oggi vi dovreste domandare se questo articolo è stato scritto e pensato da un essere umano oppure è stato svolto da un algoritmo alla ChatGPT. Ma questa è solo la punta emersa dell'iceberg.
Categoria: Tecnologia
Titolo: L’ID smarrita nell’era dell’IA
Autore: Massimo Sideri