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Chef della longevità: il lusso più ambito è vivere a lungo (e bene)

La nuova ossessione dei miliardari è il cibo che allunga la vita: nasce la figura del longevity chef, tra biohacking, nutrizione funzionale e alta cucina.

Qual è la cosa più costosa che un miliardario possa desiderare? Non certo il jet privato e nemmeno i viaggi nello spazio. Il sogno più priceless che ci sia è comprarsi l’immortalità, o quantomeno la sua declinazione concretamente ottenibile: una longevità sana. Vivere 120 anni con un corpo e un cervello ancora efficienti, aumentare le proprie potenzialità invece di vederle scemare a partire dai 30 anni. Chiaro che non bastano personal trainer e allenamenti ossessivi. Né sono sufficienti crioterapia, sonno REM a profusione, ingegneria genetica e trapianti di staminali, screening total body in 4D e autotrasfusioni. Senza un regime dietetico che escluda i famigerati cibi processati dall’industria alimentare, senza ingredienti naturali e di comprovata provenienza bio, senza la profilassi dettata da scienziati della longevity accoppiati a nutrizionisti non si va da nessuna parte. Dunque, come fare? Come fidarsi dei ristoranti, anche dei più celebri, più rigorosi, più salubri? Non resta che procurarsi un personal chef di nuova generazione, ossia che pratichi cucina plant-based (in pratica cucina orientata al mondo vegetale), crei ricette che tengano a bada l’indice glicemico, ricche di antiossidanti, di fermentazioni, di erbe officinali e spezie funzionali in porzioni controllate, il tutto cucinato con cotture brevi e leggere. E che l’acqua sia di fonte purissima imbottigliata nel vetro (il male potrebbe annidarsi nella PET), mentre la carne sia solo proveniente da animali cresciuti al pascolo e mai stabulati, oppure sintetica, coltivata in laboratori comprovati; ovviamente, che frutta e verdura siano ultra bio. Il tutto sotto l’egida del nutrizionista di fiducia. Del resto, l'idea che il cibo possa essere la nostra medicina è antica quanto Ippocrate, ma solo recentemente la scienza ha iniziato a svelare i meccanismi attraverso cui specifici nutrienti e determinati modelli alimentari possono influenzare i processi biologici legati all'invecchiamento. Un solo pasto pesante o mal calibrato potrebbe inibire gli sforzi atletici, far alzare la glicemia, il colesterolo LDL, guastare il sonno e, insomma, se sei miliardario civilizzato tendenza Silicon Valley o sei comunque parte delle élite costiere dell’una e dell’altra sponda, sarai sicuramente un seguace dell’ultima tendenza wellness, il biohacking (biology + hacker). Significa che ti prefiggi di riprogrammare mente e corpo per esercitare il controllo sui tuoi processi vitali. In conclusione, mangi sempre a casa, o giri tra le tue case, i tuoi yacht e aerei e i grandi alberghi del tuo pacchetto azionario con un fidato personal chef al seguito. Tanto per fare un esempio, Sam Altman, detestato rivale di Elon Musk nel campo dell’intelligenza artificiale, non mangia al ristorante. Mai. Dovendo sottoporsi all’irrinunciabile intervista “Lunch with the Financial Times”, ha fatto sgarrare il format per non sgarrare nella dieta che si è imposto. Anziché al ristorante, la direttrice del FT Roula Khalaf ha dialogato con Altman nella sua cucina privata di OpenAI. Per l’occasione, Altman ha dato riposo al proprio personal chef e ha cucinato di persona un pasto vegetariano di spaghetti aglio e olio, riuscendo poi a farsi pesantemente criticare. Sbagliato l’olio, sbagliato il coltello con cui ha tritato l’aglio, sbagliata la macchina del caffè. “Il mio lavoro è forse il più cool e importante del secolo” ha detto l’imprenditore durante il lunch. Ma altrettanto cool è il lavoro degli ormai richiestissimi longevity chef dei miliardari.

Hanno un cuoco privato al seguito, proprio come il parrucchiere di fiducia accompagna anche nei viaggi regine e grandi attrici, Peter Thiel, Bryan Johnson, David H. Murdock, Mark Cuban: tutti imprenditori fintech miliardari, tutti con l’ossessione di sviluppare strategie volte a riparare i sette tipi di danni cellulari e molecolari della senescenza, i cambiamenti epigenetici, i guasti dei mitocondri, magari con cibi integrati con fisetina, un composto vegetale caro al gerontologo guru della Silicon Valley, Aubrey de Grey. Il succitato Bryan Johnson, secondo un articolo di GQ, segue un regime alimentare di strenuo rigore, il Blueprint, creato per lui da un comitato di scienziati anti-invecchiamento. Segue una dieta di circa 1.950 calorie al giorno, ha ridotto l'assunzione giornaliera di integratori da 111 a circa 40, i suoi pasti sono ricchi di noci, frutta e spezie, e vanno consumati entro le 11 e mezza del mattino. Poi solo acqua, e a letto al calar del buio.

Secondo Forbes, il 2025 è l’anno dello chef privato: “Mentre durante la pandemia le persone cucinavano e cuocevano dolci ogni giorno, non appena è stato consentito sono tornate a frotte nei ristoranti. Oggi, i ristoranti continuano ad attrarre folle, ma una nuova generazione di cuochi si sta allontanando dai ristoranti e sta ridefinendo il ruolo dello chef privato per aiutare i clienti a migliorare la longevità mangiando sano a casa, senza rinunciare al piacere della scoperta dei sapori”. E intervistando Austin Beckett, ex consulente per la ristorazione della catena Four Seasons e ora nel business dei personal chef, gli fa dire: “Qualche anno fa la parola d'ordine era superfood. Oggi i miei clienti mi parlano di salute intestinale, probiotici e oli di semi. Non sono così interessati alla cucina tradizionale americana. L'alimentazione sana sembra guidare le loro scelte”. Così anche Dana Minuta, chef privata che lavora soprattutto agli Hamptons, dice: “Anni fa, quando cucinavo per una famiglia sul loro yacht, il menu includeva caviale e foie gras, ma le cose sono cambiate”. Ora Dana Minuta cucina per una famiglia di Southampton e visita settimanalmente il medico dei datori di lavoro, Peter Attia, specialista in longevità. 

Il guru della cucina longevity è anzitutto Dan Buettner, che non è un cuoco ma colui che ha inventato il concetto di Blue Zones (e su Netflix si può vedere la serie di documentari fondati sulla sua teoria). Buettner collabora con gli chef, promovendo una cucina prevalentemente vegetale, povera di proteine animali, zuccheri raffinati e processati con menù basati sulla dieta delle popolazioni longeve (come in Sardegna, a Okinawa e Icaria). C’è poi Matthew Kenney, chef statunitense con ristoranti in tutto il mondo, promotore di uno stile di vita sano e anti-aging, attraverso alimenti crudi, integrali e vegetali. Kenney ha fondato una scuola di cucina dedicata al cibo salubre e alla sostenibilità. Alice Waters è stata invece la pioniera del cibo biologico, stagionale e locale, ispirato alla salute e al benessere. Celeberrimo il suo ristorante Chez Panisse di Berkeley, che ha ispirato infiniti cuochi a rinnovare con impronta bio la malefica cucina americana del passato.

In Europa, e nella fattispecie in Italia, abbiamo il tristellato Heinz Beck alla guida de La Pergola di Roma. Beck ha intrapreso ormai da decenni una ricerca sulla relazione tra alimentazione e salute. In collaborazione con medici e nutrizionisti crea piatti bilanciati dal punto di vista calorico e nutrizionale. “La cucina deve essere piacere, ma anche prevenzione”, e pure: “La cucina deve nutrire il corpo, non appesantirlo”, ha dichiarato più volte. Una visione che lo ha portato a fondare anche iniziative scientifiche in ambito nutraceutico. Se un tempo i suoi dettami potevano far pensare a un’ospedalizzazione dell’alta cucina, oggi sono di straordinaria attualità. Valeria Mosca, con il suo wood*ing lab, ha introdotto una visione innovativa legata al foraging — la raccolta di piante spontanee e nutrienti dimenticati. I suoi piatti, costruiti con biodiversità selvatica, fermentazioni e tecniche primitive sono esempi di cucina funzionale, attenta alla rigenerazione del corpo e dell’ambiente. Marco Bianchi è un tecnico nutrizionista e divulgatore scientifico che si occupa di cucina della prevenzione. Collabora da anni con l’Istituto Europeo di Oncologia (IEO).

In pratica, al cuoco contemporaneo ambizioso si richiedono competenze e abilità da Longevity Chef. Scienza e creatività culinaria richiedono aggiornamento continuo sulle ricerche scientifiche nel campo dell’alimentazione e della longevità, oltre a conoscenza delle proprietà dei diversi alimenti e del loro impatto sulla salute. Bisogna poi saper valutare le esigenze nutrizionali, le preferenze e gli eventuali vincoli alimentari del cliente, elaborando piani alimentari su misura. Bisogna saper applicare tecniche di cottura che preservino le proprietà nutrizionali degli alimenti, come la cottura a vapore, al forno, al cartoccio e la cottura a bassa temperatura. Essere creativi e riuscire a trasformare alimenti salutari in piatti gustosi, sperimentando con spezie, erbe aromatiche e abbinamenti originali. Il tutto unito alla capacità di selezionare ingredienti di stagione, di alta qualità, provenienti da produttori locali e sostenibili.

Il lavoro del cuoco specializzato in longevità non si limita alla preparazione dei pasti, ma si trasforma spesso in una consulenza motivazionale. Un alchimista della salute e soprattutto una figura professionale sempre più richiesta non solo tra le persone particolarmente facoltose, ma anche in strutture come centri benessere, hotel di lusso e ristoranti che vogliono offrire ai propri clienti un'esperienza culinaria che unisca piacere del palato (e degli occhi) e benessere fisico.

 

Categoria: Fine Dining
Titolo: Chef della longevità: il lusso più ambito è vivere a lungo (e bene)
Autore: Camilla Baresani