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La fotografia e l’IA

Assenza di copyright e difficoltà nel risalire alla fonte primaria: il rapporto tra IA e fotografia è sempre più complesso.

Il nome di Zila Abka non dice niente a nessuno. Eppure è probabile che abbiate visto, almeno di sfuggita, una sua fotografia: si tratta dell’immagine creata con l’intelligenza artificiale di un tool di Microsoft, Image Creator, che riproduce il campo profughi con la scritta All Eyes on Rafah che prende forma dalla sconfinata sequenza di tende. Perché è importante? Innanzitutto i numeri: è stata dichiarata la fotografia più diffusa su Instagram – 50 milioni di volte. Ma non è solo questo: la sua storia – la storia di questa singola immagine – racconta in anteprima uno squarcio di futuro prossimo, un mondo dove le fonti saranno difficili da individuare, così come i creatori stessi.

Dopo la prima stagione delle parole, con l’esplosione di Chat GPT sul finire del 2022, siamo ormai nell’era delle immagini ricreate con l’intelligenza artificiale (e si sta preparando già la stagione dei video, che richiederanno però ancora più capacità di calcolo ed energia, cioè costi: è sufficiente ricordare che ogni ricerca testuale su Chat GPT consuma tra le cinque e le dieci volte la quantità di acqua necessaria per una normale ricerca su Google). Il New York Times si è chiesto in un editoriale se la vera killer application dell’IA sarà proprio la fotografia. Ma ecco qualche piccolo gnommero da srotolare – come lo avrebbe chiamato Carlo Emilio Gadda ne Quer pasticciaccio brutto de via Merulana: chi può essere considerato il padre o la madre di queste immagini? Chi è il creatore? Di chi sono? Chi le può sfruttare? 

Nel 2023 il fotografo e artista Boris Eldagsen ha deliberatamente partecipato a una competizione internazionale di fotografia, il Sony World Photography Award. Quando ha vinto ha ammesso di non poter ritirare il premio perché l’immagine era stata creata con l’IA. Una forma di provocazione, ha affermato, per aprire il dibattito. In termini tecnici è come se l’IA in fatto di fotografie avesse superato il famoso test di Turing (da Alan Turing, il padre dell’IA): non si può più distinguere se l’immagine sia stata fatta da un sapiens o da una macchina sapiens. 

Ma la storia di Zila Abka va molto oltre la provocazione. Zila è un’attivista in Malesia, appassionata di fotografia e di IA. Ma non professionale. Quando è scoppiata la guerra nella striscia di Gaza ha voluto creare un’immagine che sensibilizzasse le persone su cosa sarebbe accaduto al campo profughi di Rafah. E lo ha fatto con lo strumento di Microsoft. Il risultato è stata l’immagine del campo tendato con la scritta. In questo caso, dunque, il creatore è l’essere umano che ha deliberatamente pensato al prompt (la domanda) con cui ottenere l’immagine. Qui la storia si ingarbuglia. Perché Abka, che non aveva finalità commerciali o di visibilità, si dimentica della fotografia dopo averla condivisa su Facebook in un gruppo di persone con gli stessi interessi. La fotografia era firmata con grande sincerità: AI generated by Zila Abka. Da sapere: l’ufficio copyright degli Stati Uniti non accetta di proteggere immagini create dall’IA. Siamo in un vuoto legale per adesso. Un territorio di nessuno. Dopo qualche mese un’immagine praticamente uguale a quella di Abka, ma senza la sua firma e con l’aggiunta di surreali montagne sullo sfondo, diventa la fotografia più condivisa della Rete. Il padre dell’immagine si presenta: è un altro malesiano, Amirul Shah, un ragazzo. Dal suo account la fotografia arriva a 50 milioni di condivisioni. Racconta di esserne il padre e di non conoscere il lavoro di Zila Abka. 

Per ora è solo un’ipotesi, basata sulla buona fede di Shah, tutta da dimostrare: è possibile che la prima immagine sia diventata a sua volta cibo per l’IA che così, partendo da un prompt simile, ha solo leggermente modificato il risultato. Siamo finiti nella Biblioteca di Babele di Borges, dove sono presenti tutti i libri con tutte le possibili combinazioni esistenti al mondo dei 25 caratteri (lettere e punteggiatura di base). Chi li ha scritti? Si può essere l’autore di un libro che differisce da un altro libro per una manciata di caratteri? L’IA, per adesso, sembra molto simile a una riflessione di Jean Cocteau (in mostra temporanea alla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia): «Io so che la poesia è necessaria. Ma per ora non so bene a cosa».     

Categoria: Tecnologia
Titolo: La fotografia e l’IA
Autore: Massimo Sideri