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I gioielli nel 2024

«Rilevanza, rinnovamento, resilienza». Secondo quanto riportato da Claudia D’Arpizio e Federica Lovato – Senior Partner di Bain & Company, nonché autrici dello studio Luxury Goods Worldwide Market Study (Studio sul mercato globale dei beni di lusso) presentato dall’Osservatorio Altagamma lo scorso novembre – questo è un momento cruciale se non decisivo per il mercato del lusso, le cui basi dovranno poggiare soprattutto sul tema del valore. Vincitori saranno quindi coloro, tra brand e aziende, in grado di andare avanti investendo sulla rilevanza verso il cliente, grazie a quella capacità di prendere decisioni coraggiose e di farsi guidare più dall’esperienza che dal prodotto.

Cliente quindi sempre più al centro dell’attenzione per un mercato del lusso che chiude il 2023 con un quota di circa 1500 miliardi di euro di valore, registrando una crescita dell’11-13 per cento a tassi di cambio costanti, e un giro d’affari per il segmento dei beni personali di lusso che si attesta su circa 362 miliardi di euro, nonostante un mercato che presenta elementi di grande incertezza per il 2024, a causa delle tensioni macroeconomiche in Cina, della fragile fiducia dei consumatori e degli scarsi segnali di ripresa negli Stati Uniti. All’interno di questo scenario, la gioielleria è destinata a raggiungere una quota di circa 30 miliardi di euro, rafforzando il trend positivo con un +5,5 per cento nel 2024. Su tutti l’alta gioielleria, che si afferma asset rilevante per il segmento lusso, con un’inclinazione a percepire il gioiello sempre più come bene rifugio e forma di investimento.

Un mondo alto di gamma sempre più in fermento dunque, dominato dal continuo rafforzamento dei brand, sia storici sia di nuova generazione, come le neonate estensioni di marca di fashion brand approdati nell’alta gioielleria – Dolce & Gabbana, Fendi, Giorgio Armani, solo per citare i più recenti – e dalla ricerca e dall’innovazione applicate a vari ambiti del business. Pensiamo, per esempio, a Tiffany & Co., la cui forza oggi si esprime soprattutto in operazioni e progetti di co-branding

– da Supreme a Nike – o nel consolidamento della sua relazione con il mondo dell'arte – si pensi alle opere d’arte di Basquiat, Anish Kapoor, Damien Hirst, Julian Schnabel che oggi arricchiscono la storica e rinnovata boutique newyorkese in Fifth Avenue.

Il modo con il quale l’alta gioielleria oggi approccia l’innovazione passa ovviamente anche dal prodotto, non solo attraverso una rivisitazione del design, ma soprattutto nella volontà di sperimentare tecnologie e materiali fino a ora impensabili nell’abbinamento con oro e diamanti. Prendiamo la storica maison francese Boucheron. In una della collezioni presentate lo scorso anno, la direttrice creativa Claire Choisne si è spinta molto in là, mettendo insieme a metalli e pietre più tradizionali rattan, ciottoli, legno, meteoriti e Cofalito, un materiale ottenuto dal riciclo di rifiuti industriali che contengono amianto.

Un tema – il riciclo e quindi la sostenibilità e la responsabilità – estremamente attuale che ci porta inevitabilmente a evidenziare un’altra tendenza di mercato della gioielleria in continua crescita: l’utilizzo dei lab-grown diamonds, ossia quei diamanti creati per azione dell’uomo che, in laboratorio, riproduce il processo chimico naturale all’origine della loro formazione, mantenendone inalterate proprietà e caratteristiche. E se fino a poco tempo fa nessun grande brand – tranne De Beers con il brand Lightbox – aveva osato fare il grande passo, mettendo in produzione collezioni in diamanti lab-grown, il 2023 ha visto esplodere questo trend a partire dai grandi gruppi. È proprio il colosso francese LVMH infatti a proporre diamanti rosa lab-grown per il celebre orologio Carrera Plasma di Tag Heuer, spingendosi addirittura sul diamante da laboratorio di colore blu, per la nuova collezione di gioielli dello storico marchio Fred. Non da ultimo, la scelta di Pandora, noto per i suoi gioielli charms in argento, che lo scorso settembre ha lanciato la collezione Diamonds for All con diamanti lab-grown, mettendo al centro il tema dell’accessibilità. E se il mercato della gioielleria continua ad avere numeri positivi grazie alle strategie e al rafforzamento dei grandi gruppi e dei brand, è doveroso non perdere di vista chi, al contrario, fa dell’indipendenza la forza del proprio marchio. Su tutte la parigina Messika, il cui successo su larga scala si deve alla capacità e all’intuizione di aver dato ai diamanti un nuovo spirito fortemente contemporaneo, con un twist audace ma sempre sofisticato e di altissima qualità.

A quella dei diamanti fa eco un’altra nicchia di indipendenti che, con modalità diverse, è riuscita a diventare aspirazionale grazie all’ironia, l’irriverenza, la sofisticatezza e quel tocco di coraggio che eleva la gioielleria. Parliamo di Bea Bongiasca, stilisticamente lontana dal mondo scintillante delle pietre preziose, ma fortissima per aver puntato tutto sul colore, tra smalti e semipreziose; Fabio Salini, i cui pezzi unici si distinguono per l’insolito mix di materiali come il rame, la corda, il cristallo di rocca, la fibra di carbonio abbinati a diamanti, smeraldi, rubini; Delfina Delettrez, celebre per i famosi anatomical jewels e considerata tra i pionieri del single earring.

Un alto di gamma che anche per il 2024 si prevede vada sì avanti nella sua “accelerata” soprattutto nel digitale, ma con una “normalizzazione della crescita”, come dichiarato da Johann Rupert, presidente del gruppo elvetico Richemont, in un recente commento sui dati della società.

Categoria: Luxury
Titolo: I gioielli nel 2024
Autore: Federica Frosini