La pericolosa politicizzazione dell’ESG
Comparso per la prima volta in un documento ONU del 2004, l’acronimo ESG si è imposto in maniera massiccia nella maggior parte delle agende politiche internazionali. La crescente polarizzazione sul tema rischia, però, di minarne l’efficacia.
L’acronimo ESG si riferisce ai tre pilastri dell’impegno ambientale (Environmental), del rispetto dei valori sociali (Social) e dell’eticità del governo d’impresa (Governance).
Il termine, ormai entrato nella coscienza pubblica, è emerso per la prima volta in un rapporto del 2004 intitolato Who cares wins (Chi si impegna vince), frutto della collaborazione tra istituzioni finanziarie e le Nazioni Unite. I principi ESG mirano a guidare aziende e investitori verso pratiche più sostenibili, etiche e socialmente responsabili e verso un capitalismo più inclusivo e propositivo. La crescente consapevolezza globale dei rischi del cambiamento climatico e della necessità di agire urgentemente per rallentarlo e prevenirne le irreparabili conseguenze ha portato nei successivi vent’anni a una esplosione nell’adozione delle misure ESG. Le aziende di tutto mondo hanno capito che affrontare le questioni legate allo sviluppo sostenibile aveva il potenziale di aumentare la propria resilienza, aprire nuovi mercati e irrobustire reputazione e profitti. Gli investitori internazionali, convinti che l’integrazione dei fattori ESG nelle loro scelte potesse migliorare la governance delle aziende e mitigarne i rischi, hanno ampiamente promosso questo cambiamento. La rapida crescita di fondi dedicati agli investimenti sostenibili ha canalizzato flussi significativi di capitale verso aziende con alti punteggi ESG, che considerano fattori come, per esempio, le emissioni di carbonio, le politiche del personale o la diversità tra i membri del Consiglio di amministrazione.
Tuttavia, in assenza di criteri trasparenti e condivisi e di una regolamentazione chiara, questi punteggi, emessi da agenzie di rating specializzate, possono apparire arbitrari. Inoltre, la confluenza di fattori eterogenei e potenzialmente in conflitto (per esempio un’azienda che abbia pratiche ambientali favorevoli ma tratti male il proprio personale) li rende di difficile interpretazione.
La crescente esigenza di apparire impegnate nella lotta per la sostenibilità ambientale e la mancanza di regole precise ha, però, portato molte aziende a intraprendere un “ecologismo di facciata”, esagerando, se non addirittura creando ad arte, le proprie credenziali ambientali per attirare consumatori e investitori eco-consapevoli. Questa pratica (greenwashing) compromette l’integrità delle iniziative ESG e distorce il mercato, generando scetticismo e minando gli sforzi autentici di quelle imprese effettivamente impegnate a ridurre il proprio impatto ambientale.
La rapida espansione dei criteri ESG non ha mancato di generare controversie nell’arena politica. In particolare negli Stati Uniti, con un clima politico estremamente polarizzato, l’acronimo è diventato un terreno di scontro. Una potente reazione è emersa, soprattutto da parte degli ambienti conservatori, che sostengono che i criteri ESG inseriscano un’agenda ideologica nell’economia, incoraggiando la proliferazione di valori della sinistra e conferendo a funzionari non eletti il potere di imporre il rispetto di una dottrina progressista. Questa reazione si è manifestata in varie forme, inclusi sforzi legislativi in diversi stati per limitare o vietare la presa in conto dei fattori ESG negli investimenti pubblici e nei fondi pensione. Gli oppositori sostengono che le considerazioni ESG distolgano le società dall’obiettivo principale di massimizzare il valore per gli azionisti e impongano agende politiche e vincoli indebiti alle imprese, in particolare quelle della potente industria dei combustibili fossili. Il più grande gestore patrimoniale al mondo, BlackRock, è stato all’avanguardia nell’integrare i criteri ESG nelle sue strategie di investimento, sostenendo gli investimenti etici ed evidenziando l’impatto finanziario dei rischi legati al cambiamento climatico. Tuttavia tale approccio ha esposto la società a critiche e boicottaggi da parte di figure politiche e delle amministrazioni repubblicane di alcuni stati che la accusano di promuovere un’agenda politica sotto mentite spoglie.
La politicizzazione presenta rischi significativi per gli sforzi globali contro il cambiamento climatico. Sminuendo la legittimità e l’adozione dei criteri ESG, questa può rallentare la transizione energetica, impedire il flusso di capitale verso progetti sostenibili e indebolire gli impegni per la riduzione delle emissioni nocive. Il pericolo è che non venga solo ostacolato lo sviluppo ambientale sostenibile nel breve, ma che vengano aumentati i rischi di lungo termine posti dal cambiamento climatico per l’economia e per i mercati.
La reazione contro l’ESG sottolinea la necessità di standard più chiari, maggiore trasparenza e un approccio equilibrato che concili gli obiettivi finanziari con l’imperativo della sostenibilità. La minaccia esistenziale del cambiamento climatico richiede uno sforzo concertato da parte di aziende, investitori, regolatori e istituzioni per garantire che i principi ESG possano realizzare i loro obiettivi senza soccombere a battaglie politiche e ideologiche.
Categoria: Scenario
Autore: Dante Roscini